Le origini dell’auto elettrica

 

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Una pubblicità del 1904 per la vettura elettrica Dinin. L’autore è Carlo Biscaretti di Ruffia

 

Secondo una documentazione del Department of Energy USA, il primo veicolo elettrico sarebbe stato costruito nel 1839 da Robert Anderson da Aberdeen, Scozia.

Questo veicolo non poteva in alcun modo competere con i veicoli a vapore, che erano già operativi dal 1825, sia su strada, che in ferrovia.

 

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Nel 1870, in Inghilterra, Sir David Salomons sviluppò un veicolo elettrico a batterie, le cui prestazioni, in velocità e autonomia, non erano però ancora al livello dei veicoli a vapore allora in uso.

 

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Ritratto di Sir David Salomons

 

Nel 1881 venne presentato a Parigi, all’Esposizione Internazionale dell’Elettricità, un triciclo costruito dal francese Gustave Trouvé, con accumulatori al piombo, sviluppati sulla base degli studi di Gaston Planté e Camille Faure del 1860. Nel 1882 da un altro triciclo fu  realizzato in Inghilterra da William Edward Ayrton e John Perry, con prestazioni migliorate (15 km/h di velocità massima e autonomia fra 30 e 50 km). Questi erano veicoli leggeri, costruiti su strutture di tipo ciclistico.

Gli sviluppi successivi furono impostati su strutture derivate dalle carrozze a cavalli e sfruttarono la crescente disponibilità degli accumulatori al piombo.

Del 1886 e 1887 sono le realizzazioni di Radcliff  Ward e Magnus Volk.

Nel 1886 venne introdotto in Inghilterra il primo Taxi elettrico: Il veicolo, mosso da un piccolo motore elettrico, utilizzava una batteria da 28 celle al piombo e raggiungeva la velocità di circa 13 km/h.

Gli accumulatori elettrochimici furono oggetto di crescente sviluppo dal 1890.

La batteria piombo – acido fu sviluppata ad opera di H. Tudor; Edison e Junguer svilupparono la batteria nichel –  ferro con elettrolito alcalino e da questi progressi tecnologici le applicazioni ai veicoli elettrici ebbero un sensibile incremento.

Walter Bersey mise in opera una produzione significativa di veicoli elettrici a partire dal 1896.

 

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Il taxi di Walter Bersey

 

La vettura era equipaggiata con una batteria di 40 celle ed un motore elettrico da 3 HP; autonomia dell’ordine di 80 km. Al termine della scarica le batterie potevano essere sostituite con altre cariche (un modo analogo al cambio dei cavalli alle diligenze)

Nel 1897 la London Electric Cab Company inaugurò un servizio regolare con vetture elettriche Bersey. Nello stesso periodo la Pope Manufacturing Company di Hartford, Connecticut, iniziò la produzione di vetture elettriche, che proseguì per due anni con quantitativi di 500 unità all’anno.

Nel 1899 venne costituita la Electric Vehicle Company, con la unione della Pope Manufacturing Company e della Columbia Company, con un capitale di 200 milioni di dollari.

Il 1899 fu un anno miliare per l’automobilismo, con il primato mondiale di velocità su terra di 105,85 km/h, stabilito il 29 aprile nel circuito del parco di Achères, Francia, dalla vettura a trazione elettrica “Jamais Contente”, di tipo “Torpedo”, equipaggiata con accumulatori al piombo Fulmen,  alla guida del belga Camille Jenatzy.

 

 

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Il siluro della Jamais Contente

 

La propulsione era ottenuta con due motori elettrici Postel-Vinary di potenza massima totale 50 kW, a 200 V, in presa diretta sull’asse posteriore, collegabili in serie o in parallelo per le diverse velocità di marcia. I motori contribuivano alla frenatura sull’asse posteriore mediante inversione delle polarità.

Alla fine del 1800 e all’inizio del 1900 ci fu una significativa produzione di veicoli elettrici, in Francia, da parte dei costruttori Jeantaud e Krieger e negli Stati Uniti.

 

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Una delle vetture elettriche di Jeantaud

 

Nella prima decade del 1900 il veicolo elettrico continuò ad essere sviluppato ed usato per diverse categorie di veicoli, anche per servizi urbani di consegna merci, uffici postali in Francia, Germania e Italia.

Due tipi di vetture vennero sviluppati nelle prima decade del 1900: il tipo “aperto”, che rifletteva la forma più sportiva, associata ai veicoli con motore a benzina, nel frattempo sviluppatisi, e il tipo “chiuso”, specificamente destinato all’uso in città.

 

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Una “Vittoria a guida interna” della Stae

 

Le vetture elettriche a quel tempo tendevano ad essere prodotti costosi, adatto per una classe di utenza di alto livello, come sostitutivi delle carrozza a cavalli ed avevano costi molto più elevati dei veicoli a motore termico. Un catalogo del 1914 riportava il costo di molti veicoli elettrici nel campo 2000 – 3000 dollari, mentre vetture a benzina erano disponibili a partire da 950 dollari.

 

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Una “Landaulet” della Stae

 

Il veicolo a benzina tendeva a riscuotere preferenza non solo per il costo o per l’aspetto tecnico, ma anche per una motivazione psicologica, secondo cui traspariva dal suo uso l’aspetto di avventura e lo “spirit of freedom which emanated from it” (così ne parla Schallenberg)

Tuttavia nella prima e seconda decade del 1900 i veicoli elettrici furono impiegati per diversi servizi e missioni, che  consentirono di sperimentarne, fra l’altro,  la longevità.

A Milano nel 1928 circolava una flotta di una sessantina di taxi elettrificati dalla Stigler, praticavano tariffe concorrenziali con quelle dei taxi a motore termico ed erano preferiti dagli utilizzatori.

 

1912

Un taxi elettrico britannico del 1912

 

Le vetture elettriche erano comunque bene apprezzate anche dall’utenza privata

La ricarica della batteria, nei primi tempi di utilizzo dei veicoli elettrici, veniva effettuata attingendo energia dalla rete di distribuzione in corrente continua e regolando la corrente di carica mediante reostati.

Con la diffusione della distribuzione in corrente alternata, la ricarica veniva effettuata usando un gruppo motore-generatore, come convertitore rotante.

L’attività di sviluppo del veicolo elettrico subisce in Europa ed anche oltre oceano una battuta di arresto nel periodo della Grande Guerra, durante il quale l’attenzione viene maggiormente rivolta al perfezionamento dei veicoli con motore termico.

Il veicolo elettrico riacquista interesse nel dopoguerra e viene impiegato in versioni diversificate in vari settori prevalentemente relativi a servizi di pubblica utilità: taxi, autocarri, trattori, elettrobus, autopompe, veicoli per il ritiro e la consegne della posta.

 

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Una vettura elettrica del 1935

 

Il veicolo a combustione interna aveva però ricevuto nel frattempo, anche a causa delle incentivazioni del periodo bellico, perfezionamenti e innovazioni tecniche tali renderlo maggiormente richiesto dall’utenza.

Durante la seconda Guerra Mondiale i veicoli elettrici ritornarono di grande attualità come mezzi per assicurare la mobilità con fonti alternative ai combustibili petroliferi.

La Fiat a quel tempo, seguendo l’iniziativa dell’ingegner Giacosa, effettuò trasformazioni in elettrico di vari modelli di veicolo allora in produzione: la Topolino, la 1500, la Balilla, l’autocarro 626.

 

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Una Rowan elettrica del 1967

 

Un impiego del veicolo elettrico, che è stato praticato comunque costantemente è quello dei furgoni per la consegna del latte o delle derrate porta a porta in Gran Bretagna. Questo servizio, che avviene di norma nelle ore antelucane, si avvale della prerogativa della silenziosità offerta dai veicoli elettrici ed inoltre dal basso consumo di energia, data la limitata velocità e l’arresto del motore durante le frequenti soste; la bassissima manutenzione e la longevità era inoltre un altro fattore premiante, che, in addizione al non inquinamento locale, militava a favore del veicolo elettrico e lo rendeva vincente rispetto al veicolo a motore termico.

 

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(Ringraziamo l’ingegner Giampiero Brusaglino per averci concesso la pubblicazione di questo contributo. L’ing. Brusaglino é Electric Vehicle Expert presso l’ATA – Associazione Tecnica dell’Automobile – e curatore del libro “Sistemi di propulsione elettrica ed ibrida. Dalla sorgente a bordo all’attuazione meccanica”).

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