E’ la vetturetta giocattolo, riproduzione esatta del tipo “35” da corsa, che il grande costruttore italo-francese Ettore Bugatti realizzò nel 1927 per il figlio Roland. Azionata da un motore elettrico, raggiungeva la velocità di 15-20 km/h. Rivelatasi ottimo strumento pubblicitario per la famosa Casa di Molsheim, ne furono costruiti circa novanta esemplari.
Motore: posteriore, elettrico
Freni sulle 4 ruote
Velocità: 15-20 km/h
Peso: 68 kg
Dono della Famiglia Agnelli, Torino
I bambini benestanti all’inizio del secolo potevano scegliere se cavalcare piccoli calessi trainati da pony, prendendo il tè in case in miniatura, o salire su fiammanti auto elettriche, solo un poco più piccole delle originali. André Citroën fu il primo costruttore di automobili a capire che era molto conveniente abituare i giovani futuri clienti all’uso delle macchine. In Italia ci fu chi lo imitò. Ettore Bugatti riprodusse per il figlio Roland la Bugatti 35 Grand Prix. Da allora in poi in Francia nacquero molte corse appositamente riservate a queste vetture da neanche venti km/h.
E’ del 1902 la prima vetturetta a pedali riprodotta su un catalogo parigino di giocattoli. Con carrozzeria in legno, parafanghi, freni, lanterne, sterzo e trombetta, costava 65 franchi, una gran somma per l’epoca. D’altra parte in quegli anni già l’auto vera era ancora un oggetto d’élite; a maggior ragione lo era l’auto per bambini, prodotta anch’essa, naturalmente, in maniera artigianale. Con il passare degli anni le “bébé auto” seguirono l’evoluzione dell’auto di papà e i costruttori fecero a gara per apportarvi ogni genere di migliorie: parabrezza inclinabili, parafanghi, targhe, fanali, paraurti, ruota di scorta, trombetta, sedili imbottiti, parti in legno. In Italia fu la Giordani la prima Casa costruttrice di questo genere di giocattoli. Accanto alla carrozzina da passeggio, un catalogo del 1915 ci mostra la prima automobilina a pedali italiana, vagamente somigliante a una Renault. Con le ruote gommate, un optional, il costo complessivo saliva a 50 lire. Bisognava essere bambini davvero fortunati per possederne una! Con il primo dopoguerra questi giocattoli, da sommarie riproduzioni di auto vere, divennero repliche in miniatura sempre più precise e raffinate . Lo scopo non era altro che quello di creare futuri automobilisti. Gradatamente, la “bébé auto” si trasforma da giocattolo in sottile strumento pubblicitario.
D’altronde la febbre delle corse, l’entusiasmo suscitato dalle gare sui famosissimi circuiti di Brooklands, Indianapolis, Monza, si trasmetteva dai grandi ai piccoli ed ecco comparire, per tutti gli anni Venti, vetturette da corsa con la coda a punta, a imitazione dello stile dei bolidi del tempo. Successivamente fu la volta delle prime automobiline con fanali elettrici, e quindi cominciarono a diffondersi anche le prime auto giocattolo elettriche. Fu André Citroën il primo costruttore a intuire quale formidabile veicolo pubblicitario potesse diventare l’automobile giocattolo e quanta futura capacità d’acquisto si celasse negli innocenti rampolli dei suoi clienti, se li si abituava fin da piccoli a divertirsi su un automobile. Per diversi anni il costruttore francese si diede alla fabbricazione dei famosi “jouets Citroën” oggi pezzi molto ricercati tra i collezionisti. Ma non fu l’unico: ad approfittare di questa insolita forma pubblicitaria fu anche il grandissimo Ettore Bugatti. Se la Bugatti 35 Grand Prix era la vettura che si stava imponendo su tutti i circuiti del mondo, perché non costruirne una copia anche per i figli di quegli stessi “gentlemen”, che magari l’avevano portata alla vittoria la domenica precedente? Nacque così la “Voiture electrique type Baby” costruita dallo stesso Ettore per il figlio Roland. Si trattava di una copia perfetta della celebre vettura da corsa: dai cerchioni al caratteristico radiatore a forma di ferro di cavallo, dalla cinghia che avvolge il cofano, al posto di guida. Realizzato il prototipo per il figlio, Ettore decise di costruire una piccola serie di novanta esemplari, per i bambini più fortunati del mondo. Negli anni a cavallo del 1930 in Francia vennero organizzate moltissime gare di velocità (che non poteva essere superiore ai 18 km/h) e di eleganza con, come protagoniste, le tipo 52 Baby Bugatti. Vi fu anche una versione a pedali, venduta a prezzo inferiore, costruita dalla Casa francese Eureka. Ma il fascino di quella elettrica non poteva non prevalere e se ne lasciò soggiogare anche un certo piemontese, Gianni Agnelli: incurante allora, a cinque anni, dell’eventuale accusa di favorire la concorrenza.